Mahadaji Sindhia

Mahadaji Shinde
Mahadaji Shinde (di James Wales)
Meherban Shrimant Sardar Shinde Bahādur (Alto e Prode Capo Shinde)
Vakil ul-Mutlaq (Reggente dell'Impero)
Amīr al-ʿUmarāʾ (Comandante dei Comandanti)[1]
Udaipur Dīwān Ṣāḥeb (Reggente dello Stato di Udaipur)[2]
In carica18 gennaio 1768 –
12 febbraio 1794
Maharaja maratha di Gwalior
Incoronazione18 gennaio 1768
PredecessoreManaji Rao Shinde
SuccessoreDawlat Rao Shinde
Nome completoShrimant Madho (Madhoji) Rao Shinde
Nascita1730
MortePune, 12 febbraio 1794
DinastiaShinde
PadreRanoji Rao Shinde
MadreChima Bai
Consorte9 mogli
Consorte diAnnapurnabai (della famiglia Nimbalkar di Beed)
ConsortiBhavanibai (della famiglia Ghatage)
Parvatibai (sorella di Narsing Ghatage)
Bhavanibai (della famiglia Mhaske-Deshmukh di Sangamner)
Gangabai (della famiglia Palavekar)
Radhabai (della famiglia Padamsinh Raul)
Consorte diBhagirathibai (della famiglia Kardekar)
Yamunabai (della famiglia Ramling Raul)
Lakshmibai (della famiglia Bhope-Kadam di Tuljapur (ʿOsmānābād)
FigliDawlat Rao Shinde (figlio adottivo)
Bala Bai
Chimna Bai
ReligioneInduismo

Mahadaji Shinde, chiamato anche Mahadaji Scindia o Mahādajī Śhindē (1730Pune, 12 febbraio 1794), fu un uomo politico maratha e Maharaja di Gwalior, nell'India settentrionale.

Era il quinto e più giovane figlio di Ranoji Rao Scindia, fondatore della dinastia Scindia.

Mahadaji svolse un ruolo assai significativo nel processo di rinascita della potenza maratha del nord dell'India dopo la disfatta subita nella Terza battaglia di Panipat del 1761, e si mise in evidenza come luogotenente affidabile del Peshwa, guida dell'Impero maratha. Con Madhavrao I e Nana Fadnavis, fu uno dei tre pilastri di tale rinascita. Durante il suo regno, Gwalior divenne lo Stato-guida dell'Impero e una delle potenze militari maggiormente evidenti in India.

Dopo aver accompagnato Shāh ʿĀlam II a Delhi nel 1771, egli restaurò il potere dell'Impero Mughal a Delhi e divenne il Vakil ul-Mutlaq (Reggente dell'Impero). I principali consiglieri di Mahadji Shinde furono tutti gli Shenvi.[3]

Annientò la potenza dei jat di Mathura e nel 1772-73 distrusse il potere dei Rohilla Pashtun nel Rohilkhand ed espugnò Najībābād, la città fondata da Najīb al-Dawla, di cui le sue truppe profanarono la tomba.

Il suo ruolo nel corso della Prima guerra anglo-maratha fu di assoluto rilievo per i Maratha, che umiliarono da soli i britannici nell'India centrale, come risulta dal Trattato di Salbai del 1782, in cui egli mediò tra il Peshwa e la Compagnia britannica delle Indie Orientali. Nel 1787 Mahadji provò a invadere il Rajputana ma fu respinto dalle forze dei Rajput nella battaglia di Lalsot. Nel 1790 sconfisse però le forze dei regni rajput di Jodhpur e Jaipur a Patan e a Merta.
Nel 1782–83, Mahadaji Shinde s'impadronì con successo delle tre porte d'argento strappate al tempio di Somnath a Lahore, dopo aver battuto l'afghano Maḥmūd Shāh Abdālī. Dopo il rifiuto dei sacerdoti del Gujarat e del signore d'allora, Gaekwad, di ricollocarle nell'originario tempio di Somnath, le porte argentee furono posizionate a Ujjain. Oggi esse possono essere ammirate in due templi dell'India: il tempio di Mahakaleshwar Jyotirlinga e il tempio di Gopal Mandir di Ujjain.

Il tempio Mahakaleshwar Mandir di Ujjain, considerato dai fedeli induisti uno dei dodici jyotirlingam, ovvero santuari che si dice siano le dimore più sacre del Dio Shiva.
  1. ^ p. 334, Salma Ahmed Farooqui, A Comprehensive History of Medieval India: Twelfth to the Mid-Eighteenth Century, Pearson Education India, 2011, ISBN 8131732029
  2. ^ R.K. Gupta, S.R. Bakshi, Rajasthan Through the Ages, p. 255
  3. ^ The Great Maratha Mahadaji Shinde - N. G. Rathod - Google Books, Books.google.co.in, 1994, ISBN 978-81-85431-52-9. URL consultato il 21 luglio 2012.

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